sabato 15 ottobre 2022

Dino Martens - Franco Deboni

Dino Martens - Pittore e designer del Vetro artistico. Testi di Franco Deboni. Dino Martens nasce a Venezia nel 1894 da una famiglia di origine olandese. Si ebbero contatti tra la Repubblica di Venezia e l'Olanda dalla fine del Cinquecento in poi a seguito dell'alleanza commerciale instauratasi tra i due paesi a Costantinopoli, e di altri legami culturali, come il lungo soggiorno a Venezia intorno al 1620 di Costantino Huygens, il primo studioso di Rembrandt. Martens studiò pittura con Ettore Tito e Umberto Martina all'Accademia di Belle Arti di Venezia e iniziò ad esporre in giovane età, prima all'Umanitaria di Milano nel 1911, poi alla Permanente di Torino l'anno successivo. Nel 1913, non ancora ventenne, ebbe il suo primo grande successo nella propria città, all'Esposizione d'Arte raccolta a Palazzo Pesaro, esponendo due dipinti ad olio: Tra i cenciosi e A San Geremia, assieme ad artisti del calibro di Felice Casorati, Arturo Martini, Napoleone Martinuzzi, Teodoro Wolf Ferrari e Vittorio Zecchin. Fu probabilmente qui che venne a conoscenza delle nuove tendenze dell'arte vetraria, perché i Barovier esponevano anche dodici pezzi in vetro di nuova concezione che furono una vera pietra miliare in quello che può essere considerato il Rinascimento del vetro di Murano. Nel 1914 accadde uno strano avvenimento: gli fu chiesto di decorare i carri allegorici per il carnevale e il quotidiano di Venezia il Gazzettino pubblicò una deliziosa caricatura di lui come ragazzo-pittore. Prestò servizio nella prima guerra mondiale e al suo ritorno riprese la carriera pittorica, che raggiunse l'apice tra il 1920 e il 1930 con opere accolte nelle Biennali di Venezia e nelle mostre dell'Opera Bevilacqua La Masa. Alla XIV Biennale di Venezia del 1924, espone Vecchio Pescatore un dipinto che appartiene alla corrente del Realismo Magico di cui Antonio Donghi, Felice Casorati e, in particolare, Cagnaccio di San Pietro furono esponenti di spicco.
La prima esperienza professionale con il vetro di Martens risale probabilmente al 1926. Diviene per breve tempo membro del SALIR (Studio Ars Labor Industrie Riunite), fondato tre anni prima da Giuseppe d'Alpaos, Decio Toso e Guglielmo Barbini, specializzato in "freddo" processi di decorazione del vetro, cioè smaltatura e incisione. Durante il suo sodalizio con questa azienda, ebbe un ruolo diretto nel processo produttivo, disegnando oggetti da decorare con smalti e incisioni a ruota. Di questi lavori purtroppo non rimangono fotografie, sebbene esista una grande coppa con decorazione a smalto di soggetto campestre. L'archivio SALIR conserva anche un disegno preparatorio per una coppa di vetro trasparente e incolore decorata con giocatori di bocce, sport molto amato da Martens e dai suoi amici e colleghi di altre vetrerie. Il disegno è depositato con il numero 707, ma senza ulteriori informazioni. Nello stesso anno sposò Amelia Toso e presentò il dipinto Giovane sposa, presumibilmente un ritratto della giovane moglie, alla XV Biennale di Venezia, nel cui comitato di selezione c'era anche lo scultore Napoleone Martinuzzi. Seguì nel 1928, alla XVI Biennale, con Giocatori di bocce, soggetto a lui particolarmente caro e già presente sul suddetto vaso disegnato per SALIR. Il dipinto fu acquistato dal barone Treves de' Bonfili per l'allora ragguardevole somma di 20.000 lire. La sua attività di pittore si amplia ulteriormente con una mostra personale a Napoli nel 1929, dove la stampa locale lo descrive come "un giovane artista del Novecento veneziano di grande talento". Continuò ad esporre con successo a Venezia, dove espose un grande dipinto intitolato I Costruttori alla XVII Biennale del 1930. Questa fu considerata una delle migliori opere in mostra e fu infine acquistata dal Credito Marittimo di Roma. Le prime imprese con il vetro di Martens furono esposte alla XVIII Biennale del 1932. Il suo amico Aureliano Toso aveva recentemente lasciato l'azienda F.lli Toso per entrare a far parte della vetreria Successori Andrea Rioda e gli chiese di disegnare alcuni pezzi in vetro che furono presentati con notevole successo, anche se ci furono alcune riserve riguardo all'uso rivoluzionario delle tecniche tradizionali. Espone nella stessa Biennale alcuni pezzi disegnati per Salviati, utilizzando materiali più semplici, ma forme più estreme, con sinuosità e asimmetrie che danno un'idea della direzione futura del suo lavoro di designer del vetro. Era presente anche nella sezione mosaici con la tavola I Pescatori di San Pietro, realizzata su suo cartone dalla Cooperativa Mosaicisti Veneziani e acquistata dall'Associazione della Pesca di Ancona. A questo punto della sua vita sembrerebbe un artista di successo, sostenuto da positivi riconoscimenti di critica e pubblico, ma il suo temperamento irrequieto lo rende incapace di stabilirsi su una linea artistica costante. "Era indeciso tra un realismo freddo, nordico, ma anche quattrocentesco, ma contemporaneamente (e apparentemente contraddittorio) alla ricerca di esperienze che potremmo definire impressionistiche, sulla scia di quello che stavano facendo altri artisti, suoi amici e contemporanei". Così ha detto di lui il critico Paolo Rizzi in occasione di una retrospettiva dei suoi dipinti tenuta dopo la sua morte ad alcuni suoi amici muranesi, nel tentativo di suscitare un discorso critico più profondo su un pittore ingiustamente dimenticato. Fu probabilmente questo momento di crisi esistenziale, con conseguente graduale disinteresse per il proprio lavoro, che lo portò a decidere di partire per l'Africa come volontario nel 1935. Durante il suo periodo africano trascorse tre mesi al Forte Galliano di Macallè, custodito dall'amico Aureliano Toso, all'epoca capitano d'artiglieria, dove poté successivamente godere dell'ampia libertà di movimento concessagli dai suoi superiori per le sue note capacità artistiche. Al termine delle ostilità decise di rimanere in Africa, spinto dalla curiosità per l'arte e la cultura locale, e continuò diligentemente a dipingere, nonostante la difficoltà di trovare nuove tele e colori adatti. I risultati furono esposti in una grande mostra personale ad Asmara, all'epoca capitale dell'Eritrea, nel maggio 1937, con ventisette opere, alcune di notevoli dimensioni, e tutte di persone, luoghi e mercati eritrei. Questo materiale, che doveva essere oggetto di una nuova mostra, è andato tutto perduto durante il viaggio di ritorno in Italia e di esso non resta altro che alcune fotografie. L'esperienza africana di Martens, però, cambierà profondamente la sua direzione artistica, non tanto nella pittura quanto nella produzione del vetro, fortemente influenzata dalle forme e dai colori dell'artigianato africano, come le trame dei tessuti africani, chiara fonte di ispirazione per i suoi Zanfirici. In effetti, utilizzerà nomi come Damasco, Algeri, Ailé e Congo per alcuni dei suoi vasi più famosi, un chiaro riferimento a un periodo della sua vita ricco di eventi emozionanti e ricco di creatività. Al ritorno in Italia, non torna subito a Murano, ma decide di rimanere a Roma, alternando la Scuola Vaticana del Mosaico e l'ambiente del cinema della neonata Cinecittà. Qui trovò lavoro come scenografo e decoratore e, grazie alla sua conoscenza diretta dell'Africa, fu incaricato di decorare le scene di un film importante, Abuna Messias. Diretto da Goffredo Alessandrini, racconta la missione in Abissinia guidata dal cardinale Guglielmo Massaia, noto agli indigeni come Abuna Messias. Il film ebbe un grande successo, vincendo il primo premio alla 7a Mostra del Cinema di Venezia nel 1939. Avendo concluso il suo lavoro a Roma, alla fine torna a Murano e inizia uno straordinario sodalizio vetraio con l'amico Aureliano Toso, che nel frattempo, di ritorno dall'Africa, aveva aperto una propria vetreria in Fondamenta Radi 25 con il nome di Vetreria Artistica rag. Aureliano Toso. Martens ne divenne il direttore artistico, carica che mantenne fino ai primi anni '60, affiancato da alcuni dei migliori maestri vetrai, capaci di realizzare i suoi pezzi più complicati, tra cui ALDO "POLO" BON, SILVANO SIMIONI e MARIO ZANETTI, con i quali ha stabilito quel tipo di perfetta affinità tra designer e maker indispensabile per la realizzazione di opere in vetro molto complesse. La prima Biennale di Venezia in cui si presentò fu la 21a, nel 1940, dove la vetreria Aureliano Toso espose un gruppo molto vario di sue creazioni eseguite con nuove tecniche, tra cui l'oggetto di spicco era una strana maschera in vetro "pulegoso". La produzione riprese lentamente nel secondo dopoguerra, quando molte vetrerie furono costrette a chiudere, ma la Biennale di Venezia, e soprattutto il Padiglione di Venezia, riaprirono solo nel 1948, quest'ultimo divenuto ormai un luogo dove i maggiori produttori di vetro di Murano poterono mostrare e confrontare le loro ultime creazioni. Da allora fino al 1962 Martens è sempre stato presente alle Biennali di Venezia e alle Triennali di Milano, ed ha esposto le sue opere non solo in Italia ma anche in prestigiose sedi all'estero. Seguirono alcuni dei momenti più importanti della storia espositiva dell'artista, pubblica e privata, nel corso degli anni Cinquanta. Nel 1953 la Bonniers Gallery di New York allestì una mostra con sedici designer italiani, tra cui Martens, e fu uno dei suoi vasi della serie Zanfirici che il grafico Michael De Leo utilizzò debitamente stilizzato per la copertina del depliant della mostra. L'Istituto Nazionale per il Commercio Estero tenne una mostra a Madrid nel 1955, i Vidrios y Cristales Italianos' per la quale la vetreria Aureliano Toso prese alcuni pezzi di Martens che erano già stati esposti nel 1952 alla Mostra del Cinquantenario durante la Biennale di quell'anno. Altro momento importante è stata la mostra tenuta dall'Istituto Veneto per il Lavoro al Röhsska Konstslöjdmuseet di Göteborg, Svezia, nel 1956. Presentava circa 180 pezzi provenienti da quattordici delle principali vetrerie di Murano ed era curata dal pittore VINICIO VIANELLO, che ne disegnò anche l'ambientazione. Martens vi espose alcuni dei suoi pezzi più fantasiosi in termini di forma e ricchezza di colori, come la brocca Concerto, in cui aveva sperimentato l'ennesimo uso del vetro Zanfirico. Nel 1958 si tenne una grande mostra del vetro di Murano, intitolata Venedig zeigt Glas aus Murano, al Museum für Angewandte Kunst di Vienna. In questa occasione l'artista presentò alcune forme più semplici e stilizzate accanto ai suoi famosi vasi Zanfirici, alcuni dei quali già esposti l'anno prima all'XI Triennale di Milano. Questi erano i vasi "a trina", molto allungati e con fini decorazioni a canne verticali che ne sottolineano le forme snelle e ne mostravano lo stile in evoluzione verso le nuove tendenze del design contemporaneo. Nel 1959 il Corning Museum of Glass di New York tenne una mostra speciale di vetri contemporanei internazionali sotto la guida di THOMAS S BRUCHNER, l'allora direttore del museo. In mostra 1.814 oggetti in vetro realizzati da 173 diverse vetrerie di ventitré paesi. Il comitato di selezione era composto da cinque notevoli esperti, LESLIE CHEEK (direttore del Virginia Museum of Fine Arts), EDGAR KAUFMANN JR (designer), RUSSELL LYNES (giornalista), GEORGE NAKASHIMA (designer) e GIO PONTI, figure di spicco del settore dell'arte, del design e architettura a livello internazionale. Il loro compito iniziale è stato quello di selezionare i 100 pezzi più interessanti e poi, di quei 100, ogni membro ha presentato tre oggetti che considerava i prodotti più eccezionali dell'intera mostra. Quindi una selezione finale di quindici oggetti tra cui uno splendido vaso disegnato da Dino Martens per la vetreria Aureliano Toso. Ecco i motivi alla base della scelta del giornalista americano RUSSELL LYNES del vaso Allegria di Dino Martens, della serie Zanfirici, e le sue parole, forse meglio di chiunque altro, riassumono l'essenza di questo pezzo. "Prendo prima la bottiglia veneziana (la bottiglia Allegria), colorata, di forma irregolare, forse (non ho provato ad usarla) ridicolmente inadatta a tutto tranne che alla decorazione. Conterrebbe dei fiori, sospetto, ma li travolgerebbe: i suoi colori sono troppo accesi, il suo disegno troppo alto e stretto al collo, e il suo motivo ornamentale troppo esigente di attenzione. Lo scelgo perché unisce la tradizionale allegria del vetro veneziano con una sensazione che è tutta del Novecento. E' carina (un aggettivo che ai nostri giorni i critici non usano più), ha dell'umorismo (fa venire voglia di sorridere) e sa chi è suo padre (e bisnonno)." Sitografia: Dino Martens - Glass and Drawings (Allemandi-Franco Deboni) Dino Martens - Pittore e designer (Museo del Vetro)